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“Letizia Battaglia per Imbavagliati”

Foto: Rosaria Schifani, vedova dell’agente di scorta Vito, ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone. Palermo 1992

 

“Letizia Battaglia per Imbavagliati”
Dal 18 al 24 settembre 2016 – Palazzo delle Arti di Napoli (PAN)
Mostra a cura di Stefano Renna con la collaborazione di Giulia Mariani

La forza delle immagini. Spesso si dibatte se la violenza va “pubblicata” sui social o evitata. La velocità superficiale del mezzo e la qualità di scatti né professionali né avveduti fa propendere per il no. E oggi sempre più spesso la lettura prevalente della realtà arriva alla gente da queste immagini false o avventate. Una volta la realtà arrivava per canali diversi. E quanta forza abbiano le fotografie di Letizia Battaglia che incidono nella realtà di un’epoca e di un Paese intero, lo si può vedere in questi giorni alle pareti del Pan in via dei Mille, dov’è allestita una mostra della grande fotografa siciliana curata da Stefano Renna, nell’ambito del festival “Imbavagliati”, felice invenzione di Désirée Klain. La sala dedicata a Giancarlo Siani ospita una piccola, intensa rassegna di foto inedite messe a disposizione dalla famiglia del giornalista ucciso dalla camorra 31 anni fa.

Il potere di cambiamento della fotografia, qual è? «Cominciamo con le immagini – dice Letizia Battaglia a un corteo di fotoreporter che la segue nel museo – ma poi continuiamo con i comportamenti e con la giustizia che deve funzionare. Le foto da sole non possono fare niente». Palermitana del 1935, vissuta fino all’adolescenza a Napoli, a Trieste e poi tornata in una città che ha amato e odiato, Letizia Battaglia ha diretto dal ‘74 al ‘91 il settore fotografico dell’Ora di Palermo. È stata la prima fotografa europea a ricevere nel 1985 a New York il “W. Eugene Smith Award” per la fotografia sociale e nel 2007, tra gli altri riconoscimenti, ha avuto il Salomon Prize; è tra le mille segnalate per il Nobel per la pace.

Tre le sale del Pan con una selezione dei suoi scatti. Ciascuno è un racconto. Di società, di violenza, di infanzia o maturità sofferente. Nessuno ti arriva in faccia come uno schiaffo. Ma piuttosto come il dolore passato attraverso la luce dentro l’obiettivo, con rispetto. Tra buio e sole è diviso il volto di Rosaria Schifani, la moglie dell’uomo della scorta di Falcone ucciso con lui, che gridò “io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio” al funerale del marito. Tra luce e ombra è la bambina per mano di un uomo maturo con i baffi che si intravede: “La bambina e il buio” scattata a Isnello, paesino siciliano di mille anime, nel 1980. «Oggi quello del fotografo è un mestiere malpagato come ai miei tempi e ancora più difficile – ha detto alla platea che ha assistito anche al suo incontro con Mimmo Jodice – e ci sono tante ipocrisie, come quella dei bambini che non si possono fotografare. Eppure poi sono prede della pedofilia». Si domanda spesso dove sia, ora che è adulta, “La bambina con il pallone” che fotografò nell’80: un’espressione caravaggesca, metà innocente e metà già cosciente di una vita tutt’altro che infantile. La Battaglia ha fotografato “in diretta” vittime di mafia o mafiosi morti ammazzati: oggi foto come quelle non sarebbero più possibili. Agli obiettivi professionali si impedisce l’accesso, mentre è via libera agli smartphone.

(Stella Cervasio da Repubblica Napoli)

Sono molto onorata e felice di portare il mio contributo a un’iniziativa sensibile e socialmente utile come Imbavagliati – spiega Battaglia – Napoli è una città che amo molto. Durante la guerra, la mia famiglia visse un periodo molto intenso e travagliato nella vostra fantastica città, ne ho ricordi vaghi, ma il sentimento che mi lega a Napoli è sempre molto forte”.

(Letizia Battaglia)

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