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Rifugiati e migranti: le responsabilità politiche dell’Europa

Un Mediterraneo ed un Medio Oriente esploso, primavere arabe che hanno tradito le aspettative dei giovaniri voluzionari che dalla Tunisia alla Siria, passando per lo Yemen e la Giordania, sono scesi in piazza per trasformare i destini delle proprie società. Per tutta risposta sono sopraggiunte le svolte reazionarie, le guerre civili, i bombardamenti. Il risultato è una diaspora verso l’Europa di proporzioni  bibliche. Di fronte a questo dramma, come ha reagito l’Europa? Per Sirwan Hossein, giornalistacurdo-siriano, l’atteggiamento odierno ad esempio della Merkel, in piena campagna politica, riflette l’ipocrisia europea. “Merkel ha detto che le dispiace per la sua politica contro rifugiati. Ci sono le elezioni in Germania e in concomitanza di queste la cancelliera sta sostenendo che ha commesso un errore, e che se potesse tornare indietro non lo rifarebbe. In Germania oggi c’è una grande resistenza nei confronti delle politiche della Merkel. La domanda è questa: ma queste persone dove dovrebbero andare?”

 

Per Oxana Chelysheva, giornalista russa, è molto più complicato di quello che si crede. C’è infatti una resistenza contro i rifugiati in molti paesi. “In Lettonia ad esempio – spiega – il governo ha accettato 83 rifugiati dal Mediterraneo e dal Sud dell’Europa. Adesso solo 2 famiglie sono ancora in Lettonia mentre le altre sono andate in Germania. La ragione è molto semplice: la Lettonia è pregna di nazionalismo, c’è un alto tasso di disoccupazione e quando i rifugiati arrivano non hanno soldi e nemmeno c’è lavoro per loro. L’atteggiamento della popolazione nei confronti dei rifugiati è di paura, anche i politici su twitter e sui social esprimono nelle proprie interviste paura e ostilità nei loro confronti. Questo ha portato i rifugiati a riparare in Germania. In Finlandia invece, dove vivo, la situazione è molto diversa. L’attitudine della popolazione e del governo verso i rifugiati è molto più positiva, le persone offrono il proprio aiuto. Decisamente non si può dire che tutte le nazioni reagiscano alla stessa maniera”.

 

Risolvere il dramma dei rifugiatiforse si puo’ ma soltanto a patto di pacificare la situazione in Siria e nella regione. “L’Europa dice che non vuole rifugiati”, spiega Sirwan Hossein “ma l’Europa e gli Stati Uniti non vogliono realmente la pace in Siria, vogliono che la crisi continui, quindi dove dovrebbero andare le persone per scappare dalla guerra? Questo è il problema. Ecco perché i rifugiati fuggono attraverso il mare e giungono in Italia o in Grecia, centinaia di persone muoiono in mare perché non hanno alternative”.

 

Per Ali Anouzla bisogna distinguere due casi differenti: ci sono i rifugiati e ci sono  i migranti. “Entrambi i casi sono casi umanitari – spiega il giornalista marocchino -sono persone che vivono in uno stato di fragilità, che hanno bisogno d’aiuto.

Per ragioni economiche o politiche o sociali hanno dovuto lasciare il proprio paese. Giungere in Europa è l’unico modo per trovare un rifugio, sia dal punto di vista della sicurezza, sia dal punto di vista economico. A livello politico in Europa il problema dei   migranti sta guidando le agende politiche della destra, ma anche degli altri partiti chevogliono prendere il potere. Ora si vogliono chiudere le frontiere a tutti, sia migranti che rifugiati. La questione non è solo politica ma anche geopolitica, perché comunque esiste il diritto internazionale che protegge i rifugiati. Ciò costituisce un problema per i governi europei. È un problema a più strati dunque, umanitario, politico e geopolitico. Come si risolve? Non dimentichiamo che è  prima di tutto un problema umanitario e poi politico! Sono i governi europei ad averlo fatto diventare un problema politico, dimenticando l’origine umanitaria del problema. Perché in fondo anche l’Europa ha una sua responsabilità in questo problema, una responsabilità storica – i territori da cui partono i migranti sono ex colonie europee – ma anche la situazione economica ha accentuato il problema”.

 

Il concetto di responsabilità è importante, ricorda Oksana Chelysheva. Parlando ad esempio dell’Ucraina e del conflitto di quelle zone, spiega la giornalista russa, questo conflitto è banalizzato nel lessico dei media,  non ci sono sfumature né profondità. Alla fine si finisce sempre per parlare dell’impatto dei rifugiati sull’economia. Ma nel cuore dell’Europa c’è una guerra, ci sono rifugiati all’interno dell’Ucraina di cui nessuno vuol sentire parlare. “Ci sono 15.000 persone in Ucraina – spiega la giornalista – non c’è mare, non ci sono montagne alte. I migranti ucraini cercano soldi per pagarsi il viaggio in treno dal sud verso le zone di guerra. Sembra una follia ma le persone preferiscono ritornare nelle aree dove c’è la guerra dalle regioni meridionali in pace per una ragione in particolare: lì non possono sopravvivere, il governo non copre alcun costo per queste persone. Parlo dei disabili ad esempio. Ho incontrato queste persone, le ho viste da vicino, vivono in spazi ristretti e sono completamente dipendenti dagli aiuti umanitari, ai quali non provvedevano le organizzazioni internazionali ma donazioni private. E quando ero lì – nel sud dell’Ucraina – dove ci dovrebbe essere molto cibo grazie all’agricoltura – queste persone avevano soltanto cipolle tagliate da mangiare. Un’altra cosa di cui soffrono è la carenza assoluta di medicine. L’Europa, poi, ad un certo punto ha promesso all’Ucraina di entrare in Europa ma è molto difficile per gli ucraini ottenere il visto, perché l’Europa già trabocca di rifugiati dall’Africa e dal Medio Oriente. Gli ucraini preferiscono non notare questo dettaglio e ciò significa che da circa due anni hanno iniziato a cercare di entrare anche illegalmente in Europa. Ma c’è anche un’altra responsabilità, quella dei giornalisti, tra cui molti giornalisti italiani che hanno lavorato nelle aree di conflitto che nascondono palesemente la realtà sul campo. Quando si parla di conflitto in Ucraina si accosta spesso il nome di Putin, come se l’unico demone in Ucraina fosse lui. In realtà quello che sto osservando ora in Ucraina è l’aumento della sfiducia del popolo nei confronti dell’Europa. Spesso ho dovuto mediare tra le vittime e i rappresentanti degli organismi internazionali, perché le persone sono sfiduciate, non credono più al racconto che proviene dall’Europa. “Che senso ha parlare con loro – si dicono – se non ci dicono la verità?”

Ali Anouz la ricorda l’importanza del diritto internazionale, che garantisce ai rifugiati protezione. “Quella dei rifugiati e dei migranti – spiega – non è una scelta è un obbligo. È la guerra che gliel’ha imposto. Il nostro secolo è il secolo dei rifugiati, ce ne sono oltre 60 milioni nel mondo, e chiaramente con l’aumento dei conflitti ce ne saranno sempre di più. Quindi bisogna prepararsi, le nazioni devono prepararsi per sapere come affrontare la situazione”.

 

Per Sirwan Hossein i rifugiati non sono responsabili della situazione economica e della sicurezza in Europa, né sono responsabili del conflitto tra mondo occidentale e mondoarabo-musulmano. “Il problema in Europa – spiega il giornalista – è che i governi hanno fallito nel preparare le popolazioni ad una situazione del genere. Il popolo viene sempre additato come colpevole ed i rifugiati ed i migranti diventano responsabili di tutto. Se il mondo occidentale avesse evitato o prevenuto i conflitti, come quello in Siria per esempio, l’Europa non avrebbe tutti questi rifugiati. Questo rientra nel discorso sulla responsabilità. Per esempio, ci sono molti siriani in Germania, e ovviamente ci si chiede perché sono arrivati in Europa, si dice che quello non è il loro posto. Loro pero’, nel frattempo, vogliono solo scappare dalla guerra percercare un luogo sicuro, migliore, ma ovviamente la realtà non è come ce la si aspetta. Il problema dei rifugiati è oramai divenuto un alibi per l’Europa”.

 

C’è anche un aspetto positivo nel dramma dei rifugiati, ricorda pero’ Ali Anouzla, soprattutto per quanto riguarda i rifugiati siriani. La maggior parte di loro lo abbiamo visto, sono educati e ben formati, possono portare un valore aggiunto alle società europee, quindi dovrebbero essere integrati nei paesi nei quali si rifugiano”.

 

Testi raccolti da Eva serio

articolo a cura di @marco_cesario

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