Figli ostaggio di genitori in guerra, in Italia è boom di denunce ma le accuse spesso sono inventate.
Mario Ferraro si è fatto quattro anni di carcere in Germania, accusato dalla moglie tedesca Carola Hinz di aver sequestrato la figlia di 7 anni. Ma lui, imprenditore napoletano, in realtà era adorato dalla bambina e del tutto innocente. Al contrario, fu la donna a tentare di portargliela via e a rendersi irreperibile dopo un divorzio lampo e senza contraddittorio ottenuto dal tribunale tedesco per sequestro di minore, mentre lui era in Italia. Un incredibile errore giudiziario canovaccio dell’ipotetico horror cinematografico Prendi il figlio e scappa su cui nemmeno Woody Allen avrebbe voglia di scherzare. Sollecitato dalla meschina malafede che ha segnato la vita del povero papà, appellatosi a tutti: da Maurizio Costanzo al capo dello Stato.
La sua vicenda creò un caso diplomatico tra Italia e Germania. L’uomo fu arrestato una prima volta a Pilsen (Repubblica Ceca) ma rilasciato su pressioni del governo di Carlo Azeglio Ciampi. Fermato di nuovo, fu condannato con sentenza definitiva e scontò quattro anni nel penitenziario di Monaco di Baviera all’alba del nuovo millennio, durante i governi di Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi. Poi un triste e silenzioso tramonto.
Il tribunale italiano, l’ottava sezione penale della Corte D’Appello di Napoli, gli ha restituito giustizia 23 anni dopo. Troppo tardi. Uscito dalla prigione tedesca, scioccato, Ferraro in seguito si ammalò e fece perdere le sue tracce. Nemmeno la figlia, oggi trentenne, ha avuto più sue notizie. Quando il suo avvocato, la tenace penalista Esther Lettieri, ha cercato di rintracciarlo per regalargli una consolazione, è spuntato solo un vecchio compagno di banco a darne notizia: si era spento in solitudine a 59 anni con un tumore al cervello.
In Italia sono centinaia e in aumento i casi di genitori “in guerra” che un bel giorno spariscono col figlio. Naturali dissidi che degenerano in odissee giudiziarie. Gli attori chiamati a risolverle, tecnici, assistenti sociali, giudici, si devono misurare innanzitutto con il delicato compito di riconoscere la buona fede delle azioni legali. Accertare la violenza fisica e cieca tipica dell’uomo ma anche quella subdola e vendicativa della donna che spesso ricorre a false accuse nelle cause di separazione per spuntare vantaggi economici.
In mezzo c’è il minore, come un trofeo conteso. Confuso dalla manipolazione affettiva di un padre o una madre separati e accecati dalla sindrome della ripicca. E’ la prima vittima accertata di una guerra che di familiare ha ben poco quando un genitore accusa l’altro di qualunque cosa, anche terribile e infamante, nel cinico progetto di alienare il figlio dall’ex partner.
Contese talvolta infinite e quando anche arrivi la sentenza di un tribunale, non è detto che sia giusta. E non è detto che sia finita. Ecco il sentiero dei ricorsi studiati a arte per allungare i tempi, fino all’ultima scoperta che capovolge trame e responsabilità: accuse di violenza, molestia e quant’altro che si rivelano inventate. A quel punto le vittime accertate diventano due, il figlio e il genitore a cui è stato ingiustamente impedito di vederlo. E l’odissea può diventare tragica.
E’ accaduto a Saverio De Sario, autotrasportatore 46enne di Abbasanta (Oristano), assolto dalla Corte d’Assise di Perugia dall’ accusa di abusi sessuali sui suoi figli. Gabriele e Michele, all’epoca avevano 9 e 12 anni, raccontarono agli inquirenti di aver subito molestie da parte del padre. Diventati maggiorenni, hanno ritrattato tutto e sostenuto di aver mentito obbligati dalla madre per il suo tornaconto economico dalla separazione. Menzogne che sono costate al padre Saverio una condanna a 11 anni, di cui due scontati nel carcere di massima sicurezza di Sassari. Da innocente.
Pochi giorni fa un uomo di Montecatini si è tolto la vita a Volterra. Aveva trascorso l’ultimo week end col figlio di 9 anni e poi si è ucciso in auto col gas di scarico. In alcuni bigliettini lasciati lamentava di non aver potuto vedere nemmeno la pagella del bambino, se non dietro autorizzazione del giudice. Gli uomini vittime di alienazioni sono in numero maggiore rispetto alle donne, tanti hanno costituito associazioni di padri separati. La ragione è statistica.
“I padri rifiutati sono di più perché in Italia prevale l’affido condiviso nel quale il figlio è collocato dalla madre – spiega Maria Cristina Verrocchio, professore associato in Psicologia clinica all’Università di Chieti. Non è tanto importante però stabilire se sono più le donne o gli uomini a sparire col figlio, se la mettiamo così c’è il rischio di fomentare guerre di genere tra madri e padri, il grave problema è che un genitore possa mettere un figlio contro nell’età più calda come quella adolescenziale”. Il fenomeno, sottolinea la Verrocchio, è in espansione. “E trasversale da nord a sud, come dicono i consulenti nominati dai giudici, psicologi, assistenti sociali, avvocati. Mancano dati ufficiali, perché l’Istat ci dice solo quelli su divorzi e separazioni. E manca un osservatorio. Esiste però una rete di associazioni e professionisti che raccontano una situazione drammatica, pensi che mi sto occupando del caso di un uomo abruzzese che si è preso 26 denunce dalla ex moglie ed è stato sempre assolto”.
E’ nato un movimento di associazioni che sostengono la bigenitorialità e chi è travolto all’improvviso da panico e angoscia e non sa a chi rivolgersi, siti come www.centroantiviolenzabigenitoriale.com, www.alienazionale.genitoriale.com oppure www.alienazioneparentale.it forse il più completo e scientifico, dove affluiscono denunce di plagio, inganno e storie miserabili. Il costo che si paga a volte per scelte matrimoniali affrettate o sbagliate.
La via crucis di Giovanna, originaria di Sorrento ma residente a Brescia, dura da due anni. Separata da dieci e divorziata consensualmente nel 2012, combatte per un diritto naturale: vedere la figlia di 14 anni. E per farlo ha dovuto pagare. Il padre gliela portò via dopo averla denunciata per maltrattamenti, risultati poi falsi. “Dopo il classico weekend, il 4 ottobre 2015 non l’ha più riportata a casa – racconta la donna, 41anni – e da quel giorno io e tutta la mia famiglia abbiamo perso ogni contatto diretto. E’ un dramma che investe sempre più famiglie in Italia ma oggi se un genitore impedisce all’altro genitore contatti con i propri figli, le istituzioni sono ferme: servizi sociali, forze dell’ordine, giudici. E i tempi della giustizia troppo lunghi. Basti dire che il tribunale dei minori di Brescia nel mio caso non ha preso nessuna decisione di allontanamento del padre ma solo stabilito incontri a pagamento, 90 euro per due ore, con mia figlia in un centro privato di Milano. Capisce, io che sono la madre devo pagare per vedere mia figlia…”.
Non è tenero coi tribunali anche il Garante per l’Infanzia della Campania Cesare Romano. “Sono inadeguati, la decisione su un minore non può essere affidata a un giudice senza che un collegio multidisciplinare con psicologo e pedagogo possa interferire. Il tribunale della famiglia sarebbe una buona soluzione ma in Italia vogliono smantellare pure quello dei minori…”. Solo in Campania al Garante arrivano ogni anno circa 130 segnalazioni di abusi su minori di vario tipo. “Il 10 per cento di queste segnalazioni – spiega Romano – riguarda genitori in fuga col bambino, per due motivi prevalenti: ripicche di coppia e ricatti di tipo economico. I casi più drammatici sono quelli in cui uno dei genitori è in carcere, anche per altri reati, o peggio accusato dalla moglie e poi assolto. La soluzione arriva solo nel 30 per cento dei casi, quasi mai quando si tratta di partner stranieri, soprattutto donne, che si portano il figlio all’estero”.
Il Garante ne ha anche per certi avvocati. “La gente in Italia non è educata alle separazioni e finisce per affidare a legali il compito di mediatori ma gli avvocati non possono esserlo per un evidente conflitto di interesse che, tra parcelle e spese varie, rischia di alimentare un business che allontana la soluzione del problema, diventato intanto dramma”.
Ferruccio Fabrizio